Oskar Schindler, un uomo d'affari alto e elegante, con la fama di corteggiatore di donne, era arrivato a Cracovia
sulla scia degli occupanti nazisti - per arricchirsi. Era
membro del partito nazista e aveva capito che faceva
bene agli affari legarsi ai comandanti militari. Li frequentò nei locali
notturni e offrì bottiglie preziose per corromperli, gli procurava
sigarette, cognac e altri articoli di lusso difficilmente reperibili in
tempi di guerra. Quando gli ebrei furono relegati nel ghetto di Cracovia
Schindler riuscì a farsi assegnare alcune centinaia di loro come operai in
una fabbrica di pentole. All'inizia sembrava che li sfruttasse, in realtà li
salvò. Di fronte alla persecuzione tremenda, il tedesco trasformò quella sua
prima iniziativa in una vera missione, fino a comprare letteralmente le vite
di quasi milleduecento ebrei (la famosa lista) che sicuramente sarebbero
morti nel campo di Auschwitz.
Sin dall'inizio aveva sentito un
forte orrore davanti al terrore nazista, e, pur continuando a fare affari -
non solo con lo stato tedesco ma ache sul mercato nero - cominciò a boicottare il
sistema nazista e a salvare più ebrei che poteva. Perdendo tutto quello che
aveva guadagnato li trasferì, insieme alla sua fabbrica, davanti all'avanzata
della armata rossa più a ovest nella sua città natale di Brünnlitz (oggi
nella Repubblica Ceca). Riuscì addirittura a tirare fuori dopo quattro
settimane le 300 donne che per un errore burocratico erano finite a
Auschwitz: cosa giudicata impossibile e mai successa né prima né dopo quella
volta.
Un giorno venne a sapere di diversi vagoni ferroviari piombati pieni di
ebrei che per la confusione degli ultimi mesi della guerra stavano
viaggiando da giorni senza cibo né acqua da una stazione all'altra.
Schindler riuscì a prendere in mano i documenti di spedizione e senza
esitare inserì Zwittau, la sua città natale, come stazione di arrivo. Liberò
i sopravvissuti - che erano solo pelle ed ossa - e li portò nella sua
fabbrica dove la moglie si prese cura di loro.
Oskar Schindler, che salvò più di 1.200 ebrei dalla morte sicura nelle camere
di gas di Auschwitz, fu uno sconosciuto nella Germania del dopoguerra. Il
libro "La lista di Schindler" dell'australiano Thomas Keneally dal quale
Spielberg ha tratto il suo film fu scritto solo dodici anni fa e ha avuto
appena un modesto successo. Nelle enciclopedie dove si trovano i nomi
terribili dei criminali di guerra mancano quelli dei "giusti fra i popoli",
come vengono chiamati in Israele. Quei giusti dei quali esiste,
secondo la tradizione ebraica, sempre un certo numero al di fuori del popolo
eletto. Vengono onorati con degli alberi d'ulivo nella strada dei giusti a
Gerusalemme dove esiste il museo e il centro di ricerca Yad Vashem che
continua anche cinquant'anni dopo la fine della guerra a cercare le persone
che hanno salvato ebrei durante quei terribili anni. Schindler poté piantare
il suo albero nel 1959 e solo anni dopo, dietro la spinta dei 'suoi' ebrei,
che ancora oggi si autodefiniscono 'gli ebrei di Schindler' ricevette anche
in Germania una medaglia.
Ma accanto a Schindler c'erano altri eroi
Ma accanto a Schindler, che per il suo stile di vita ed
il suo carattere poco comune, si prestava per un film di Spielberg -
qualcuno lo chiamò l'Indiana Jones di Cracovia - esistevano altri, in tutti
i paesi occupati dagli nazisti, che si opposero al regime di Hitler e che,
rischiando la propria vita, salvarono i perseguitati.
Georg Calmeyer - un avvocato che tradì "la razza"
Questo giovane avvocato tedesco, ancora poco conosciuto in Germania, salvò più del doppio di
ebrei di Schindler. Fu onorato solo vent'anni dopo la sua morte, ma non
dalla Repubblica Federale bensì da Israele. Calmeyer soffrì molto per la
situazione nella Germania del dopoguerra: in un intervista per un giornale
olandese spiegava che il fatto di essere stato un sabotatore veniva
considerato un aspetto piuttosto negativo per un avvocato nella
Repubblica Federale.
Hans Georg Calmeyer era al capo di un ufficio in Olanda, che decideva in
casi di dubbi sulla razza degli ebrei. Calmeyer riuscì a trovare per il
suo ufficio esclusivamente collaboratori delle sue stesse opinioni. Così
tolse la stella gialla, cioè il distintivo che un ebreo doveva portare
sempre per farsi riconoscere, a tutti quelli per i quali fu possibile.
Accettò documenti falsi, qualsiasi pseudoperizia che trasformava un
ebreo in un ariano. Quelli che non poté aiutare direttamente, li avvertì
in modo che avessero occasione di fuggire. Ma più dei continui controlli
da parte delle forze di occupazione e le SS e il pericolo nel quale si
trovava a causa del suo "tradimento", lo preoccupava la propria
incapacità di salvare ancora più persone.
Diversamente da Schindler, che dopo la guerra si trovò in famiglia con le
persone da lui salvate, Calmeyer non volle mai vedere di persona gli ebrei
che salvò, perché credeva che bisognava agire per un senso di diritto contro
gli aguzzini, e non per interesse o amicizia per le persone. Fino alla fine
della sua vita questo uomo così integro visse in disperazione nel vedere le
stesse "bestie" - come egli le chiamò - che avevano agito in Olanda adesso
vivere agiatamente con una pensione statale o fare carriera come uomini
d'affari, malgrado lui avesse testimoniato contro di loro.
Anton Schmid - salvatore per profitto o per umanità?
Il primo gennaio del 1942 il maresciallo dell'armata di Hitler Anton Schmid
brindò con due giovani ebrei, una cosa inaudita per i tempi che correvano e
per la funzione che occupava. Schmid era responsabile dei lavoratori forzati
ebrei e non aveva illusioni sui nazisti. Li disprezzava, ma non li
sottovalutava. Corrompendo i nazisti con il Whisky, riuscì a salvare circa
300 ebrei, permettendo loro di sfuggire dal Ghetto di Wilma a L'Ida dove non
esisteva ancora un Ghetto. C'è chi lo denunciò dopo la guerra per aver preso
del denaro per salvare gli ebrei. Un testimone racconta: "Tutti sapevano che
doveva andare a bere con certe persone se voleva salvare degli ebrei. In
quei giorni era difficile anche con soldi o amore procurarsi del Whisky.
Schmid aveva bisogno di soldi per le sue azioni, però non ne approfittava.
Chi poteva dare qualcosa, dava. Chi non poteva, non dava niente."
Intorno a
lui nacquero tante leggende: chi dice che parlava ebaico, che avesse visitato
dei Kibbutz in Palestina, ma anche che era amico di malviventi. Un personaggio
molto discusso e a causa delle testimonianze contraddittorie il centro di
ricerche Yad Vashem esitò a lungo di conferirgli l'onorificenza di "uomo
giusto". Effettivamente esistevano tanti "salvatori" che non aiutavano per
umanità, ma per profitto e che spremevano fino all'ultimo le loro vittime.
Ma per Schmid alla fine prevalsero le testimonianze positive. E non bisogna
dimenticare: molti ebrei sopravvissero grazie a lui, mentre lui pagò il suo
coraggio con la morte: dopo che i nazisti avevano scoperto i suoi traffici
Anton Schmid fu arrestato e fucilato la mattina del 2 aprile 1942, come
traditore della patria.
Maria Helene Françoise Izabel von Maltzan - una contessa ribelle

La contessa von Maltzan (1909-1997)
foto:
Bain LOC
Un treno con mobili di diplomatici svedesi stava
attraversando la Germania in direzione Svezia. Nello stesso momento un
gruppo di ebrei camminò attraverso un bosco seguendo la contessa Izabel
von Maltzan, figlia ribelle di una famiglia nobile tedesco-svedese. A un
certo punto, il treno si fermò in mezzo al bosco per far salire gli
ebrei che si nascondevano nelle casse dei mobili.
La contessa von Maltzan é un buon esempio del fatto che la famiglia non
sempre influenza l'orientamento politico di una persona. Infatti, sua madre
odiava gli ebrei, e nel 1933, quando i nazisti presero il potere, quasi
tutta la famiglia entrò nel NSDAP, il partito di Hitler. Più avanti il
fratello la escluse dalla eredità. Ma Maria, cresciuta in un castello
principesco in Slesia, studiò scienze naturali a Monaco dove prese per la
prima volta attivamente parte alla resistenza contro Hitler. Nel 1939
conobbe Hans Hirschel, editore di una rivista letteraria avanguardista, del
quale si innamorò. Più tardi lo nascose nella sua casa in un grande divano
apribile. Ma Maria era già sotto osservazione della Gestapo e quando un
giorno vennero a ispezionare la casa e vollero aprire il divano, lei disse
che non si poteva aprire ma che potevano sparare dentro se volevano. Prima
però avrebbero dovuto firmare una dichiarazione che l'avrebbero risarcita
per il danno se non c'era nessuno dentro. Gli agenti della Gestapo
preferirono di andarsene.
La contessa Maltzan nascose più di 60 persone nel suo appartamento a
Berlino, dove gli procurò da mangiare - cosa difficilissima durante la
guerra - e curò quelli che erano malati. Quando, dopo la guerra, qualcuno
indicò nel suo amore per Hans Hischel il motivo dei suoi gesti, lei negò
duramente: "Salvai ebrei molto prima di conoscere Hans. Avevo letto `Mein
Kampf'. Chi allora non sapeva cosa sarebbe successo doveva essere un
idiota." Anche lei, come Schindler, manteneva, grazie anche al suo nome,
contatti con alti funzionari del Reich, cosa che la salvò più di una volta
dalla Gestapo.
Anche questa donna che durante il Terzo Reich aveva mostrato così tanto
coraggio ed era vissuta sul filo del rasoio per tanti anni solo per salvare
degli indifesi, non ce la fece di inserirsi nella Germania del dopoguerra.
Aveva cominciato negli ultimi anni della guerra a prendere farmaci per la
continua tensione nervosa. Dopo il 1945 le fu revocata la sua licenza di
veterinaria, il matrimonio con Hans Hirschel fallì dopo un anno e poi visse in
miseria. Dopo anni si riprese e tre anni prima della morte di Hans lo sposò
una seconda volta. Però rimase sempre una donna povera e non ebbe nessun
riconoscimento per quello che aveva fatto.
Testo: Annette Neises
Altre pagine sulla resistenza contro Hitler:
Vedi anche:
Per approfondire:
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