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Pirmin Meier: Paracelso medico e profeta

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"Alterius non sit, qui suus esse potest" - Non essere schiavo di un altro se puoi essere tu il tuo padrone - era il motto di questo personaggio odiato e amato, stimato e deriso che ancora oggi è considerato da alcuni un visionario e da altri un semplice ciarlatano.


Paracelso (1493-1541)

"Un genio paranoico, testardo e ostinato"

Philippus Aureolus Teophrastus Bombastus von Hohenheim nato in Svizzera nel 1493 preferì chiamarsi "Paracelso", cioè "meglio di Celso", un famoso medico greco-romano del primo secolo dopo Cristo, prova del fatto che non soffriva certo di un complesso di inferiorità. Questo è anche confermato dal fatto che lui, essendo professore del università di Basilea, non aveva nessun problema a mettersi contro tutti gli altri professori, non solo tenendo lezioni, nel 1528, per la prima volta in lingua tedesca, ma anche a parlare pubblicamente nella piazza del mercato di Basilea contro tutti gli altri colleghi dell'università. Deve aver avuto un carattere difficile, più di una volta viene descritto come "un genio paranoico e spesso ubriaco", testardo e ostinato. Ma come medico era molto stimato, almeno dagli spiriti più illuminati della sua epoca, p.e. da Erasmo di Rotterdam.

Alla ricerca di nuove strade


Paracelso fu certo un figlio del suo tempo, cresciuto nella scuola dell'alchimia (vedi il riquadro sotto), molte delle cose che scrisse non si distinguono in molto da quello che dicevano gli alchimisti contemporanei. I suoi limiti sono quelli dell'epoca. Ma quello che lo distingue lo esprime in questa massima: "Il vero scopo della chimica non consiste nella preparazione dell'oro, bensì nella preparazione delle medicine." Infatti è qui che si ritiene universalmente il più grande merito di Paracelso: aver spianato la strada alla "iatrochimia", cioè alla disciplina tesa a fondere la medicina con la chimica. La causa delle malattie dipendeva, secondo lui, da eccessi o carenze di certe sostanze chimiche nel corpo. Ma Paracelso non era ancora in grado di sviluppare i metodi sperimentali che avrebbero potuto dare un vero valore scientifico alle sue teorie.

Le quattro basi dell'arte di curare

Paracelso definì 4 pilastri sui quali doveva appoggiarsi l'arte del medico, in essi si rispecchia tutta la sua grandezza e tutti i suoi limiti:

  • Filosofia, che per l'epoca era tutto il sapere sull'uomo e sulla natura, dalla geografia fino all'anatomia
  • Astronomia, che nel '500 era essenzialmente astrologia
  • Alchimia, per lui la produzione il perfezionamento delle medicine soprattutto da sostanze chimiche
  • Virtù, l'onestà del medico, la sua integralità morale

Una visione a 360 gradi si direbbe e, nonostante le radici nell'astrologia e nel misticismo siano evidenti, una visione quasi moderna: includere tra i pilastri della medicine tutto il sapere sull'uomo e anche l'onesta e l'integralità morale sembra piuttosto attuale come richiesta...

"Che cos'è un medico?" si chiese Paracelso e diede anche la risposta: "Colui che riesce a curare i malati." Sembra una banalità, ma siamo sicuri che lo è davvero?


Incisione che mostra un'alchimista
con il suo assistente al lavoro nel suo laboratorio.

Tra alchimia e chimica

Il grande chimico e storico della scienza Marcelin Berthelot scrisse in "Le origini dell'alchimia":

"La chimica non è una scienza pura, come la geometria e l'astronomia; essa si è costituita sulle rovine di una formazione scientifica anteriore, formazione mezzo chimerica e mezzo primitiva. Si tratta dell'alchimia, che pretendeva insieme di arricchire i suoi adepti, insegnando come fabbricare l'oro e l'argento, metterli al riparo dalle malattie con la preparazione della panacea e infine di procurar loro la felicità perfetta, identificandoli con lo spirito del mondo e con lo spirito universale. La storia dell'alchimia è molto oscura. I sapienti e i filosofi si frammischiano e si confondono in essa con gli allucinati, i ciarlatani e qualche volta anche con gli scellerati. Ma quello che caratterizza al più alto grado gli alchimisti è la pazienza: essi non si lasciano mai scoraggiare dagli insuccessi. Lo sperimentatore che una morte prematura aveva tolto ai suoi lavori, lasciava spesso un'esperienza iniziata in eredità a suo figlio e non è raro vedere quest'ultimo legare nel suo testamento un'esperienza incompiuta ch'egli aveva a sua volta ereditata dal padre. E ci si guardi bene dal sorridere: c'è in questa indubbia ostinazione qualcosa che partecipa dell'ispirazione e che sostituisce il genio. Se gli alchimisti fossero partiti, nelle loro esperienze, da principi migliori, sarebbero probabilmente arrivati a dei risultati prodigiosi."

Vedi anche:

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