L'espressionismo, nato all'inizio del '900 come corrente soprattutto della
pittura, della letteratura e del teatro, trovò una grande eco anche nel
campo del cinema che in quegli anni era appena nato e i cui protagonisti
spesso provenivano dal mondo del teatro.
Gli artisti appartenenti al movimento dell'espressionismo, tra il 1910 e il 1925, sostituivano alla descrizione oggettiva della realtà la comunicazione di sentimenti soggettivi,
usando uno stile esasperato, spesso deformato per suscitare nel pubblico intensi effetti emotivi. Queste caratteristiche erano anche espressione di una ribellione al materialismo della borghesia. A questa corrente sono legati i registi
Ernst Lubitsch (1892-1947),
Robert Wiene (1881-1938),
Fritz Lang
(1890-1976) e
Friedrich Wilhelm Murnau (1889-1931), che
aggiunsero al comune stile espressionista dei tratti stilistici personali
ben riconoscibili.
Quello che lega i registi tedeschi e austriaci del film muto degli anni
venti non erano solo le idee ispiratrici, ma anche il fatto che tutti, a un certo punto della loro carriera, andarono all'estero,
alcuni per scelta, altri erano costretti a farlo, e nessuno di loro finisce la carriera in Germania o in
Austria, i paesi della loro provenienza. Da una parte era la stella nascente di Hollywood
ad attirare molti talenti tedeschi. Ma c'è ancora un motivo più importante per
cui molti registi lasciarono la Germania: quando
Hitler, nel 1933, arrivò al
potere molti registi, attori e altri operatori cinematografici, insieme a un
gran numero di altri protagonisti della vita culturale, decisero di emigrare, o
erano costretti a farlo.
Lasciando così in Germania un vuoto culturale che tutti gli sforzi dei nazisti
per creare una "cultura tedesca nazional-socialista" non riuscirono mai a
colmare, a parte pochissime eccezioni (p.e. la regista
Leni Riefenstahl).