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Friedrich Schiller: "Storia della guerra dei Trent'anni" 

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Friedrich Schiller: "Storia della guerra dei Trent'anni"
La copertina del libro

Friedrich Schiller come storico:

Alla voce "Schiller, Friedrich" le enciclopedie ci dicono di solito "Poeta e drammaturgo tedesco". Del fatto che Schiller è stato anche uno storico parlano relativamente poco, eppure Schiller è stato probabilmente il più famoso storico della sua epoca. Ricordarsene è importante non solo perché quasi tutta la sua produzione drammaturgica fa riferimento a persone ed eventi storiche, p.e. "La Congiura di Fiesco a Genova", "Don Carlos", "Wallenstein", "Maria Stuart" e "La Pulzella d'Orléans". Per alcuni anni della sua breve vita Schiller si occupò quasi esclusivamente di ricerche storiche, fece lezioni di storia all'università di Jena e pubblicò due ricerche importanti: "Storia della rivoluzione dei Paesi Bassi sotto il regno di Fillippo II" e soprattutto "Storia della guerra dei Trentanni" che all'epoca fu un grande successo editoriale.

Occuparsi di storia è stato molto importante per Schiller, per parecchi anni fu anche l'unica cosa che gli poteva garantire un certo reddito, importante per uno scrittore sposato e con figli che per quasi tutta la sua vita si trovò in condizioni economiche piuttosto difficili (vedi la biografia di Schiller). Ma c'è molto di più. In una lettera del 18 gennaio 1788 confessò al suo amico Körner: "Alla fine di un libro storico ho ampliato le mie idee e ne ho ricevuto delle nuove - alla fine di una terminata opera teatrale invece ne ho perso alcune." Le ricerche sulla psicologia dei personaggi della storia sono per Schiller un campo molto fertile che arricchisce la sua fantasia poetica.
Nelle sue opere storiche Schiller cercò scrupolosamente "la verità storica", pur sapendo che ogni storiografia è sempre interpretazione delle fonti che spesso sono scarse e non sempre affidabili.

Schiller rifiutò categoricamente un punto di vista "nazionale" del racconto storico che per lui, che si considerò, come Goethe, "cittadino del mondo", era insopportabile. Quello che, all'epoca, rese particolarmente apprezzati i suoi libri sulla storia fu l'unione tra la passione per la storia e un'imparzialità del punto di vista, la precisione dei ritratti psicologici dei protagonisti e, non ultimo, lo stile letterario piacevole ed elegante del racconto storico.

Dall'altra parte, nelle sue opere teatrali, Schiller usò la storia in maniera piuttosto disinvolta: personaggi ed eventi dovevano piegarsi alle esigenze del dramma. Ma per Schiller non si trattava di una contraddizione: la "verità" di un testo letterario e quella di una ricerca storica avevano, per Schiller, lo stesso valore, ma compiti diversi.

La "Storia della guerra dei Trent'anni" di Schiller:

Già nelle prime pagine dell'opera si scopre la sorprendente modernità del testo di Schiller quando parla del ruolo del fanatismo religioso che costituì una componente decisiva in quella guerra: "Ciò che il pericolo più determinante per lo stato non aveva potuto sui cittadini fu reso possibile dall'entusiasmo religioso. Per l'interesse dello stato e del sovrano ben poche braccia si sarebbero armate volontariamente; per la religione, artisti, commercianti, coltivatori fecero a gara per arruolarsi. Per l'interesse dello stato e del principe, anche la minima tassa straordinaria appariva alla gente troppo pesante, per la religione sacrificavano con gioia la loro vita e tutti i loro beni. Somme immense alimentarono la finanza pubblica e i volontari ingrossarono incessantemente i ranghi dell'armata. L'esaltazione era tale che si percepivano appena sacrifìci che in tempi normali sarebbe stati considerati impossibili" (pag. 12).

Ma dall'altra parte Schiller sa benissimo che gli interessi religiosi da soli non avrebbero potuto scatenare un'inferno tale come quella guerra: "Se gli interessi privati e quelli pubblici non si fossero sovrapposti, né la voce dei teologi né quella delle genti avrebbero trovato dei principi così disponibili ad ascoltarle; mai nuove dottrine (Schiller si riferisce qui alle idee della Riforma di Lutero) avrebbero armato tanto zelo e tanti valenti difensori. (...) Anche se non si può negare che l'amore per l'indipendenza e la prospettiva del ricco bottino che prometteva l'appropriazione dei monasteri e delle abbazie, accrescesse, agli occhi di molti principi, il merito delle dottrine di Luterò, per deciderli a difendere apertamente queste dottrine era necessario che la ragion di stato ne facesse per loro un dovere" (pag.8). Schiller non nega mai le sue simpatie per la parte protestante, ma vede chiaramente che la religione, in quella guerra, fu strumentalizzata da tutte le parti. Mentre per molti partecipanti la guerra pro o contro l'Imperatore (= pro o contro il potere della Chiesa cattolica) fu una questione di cuore e di convinzione, per i principi che manovravano gli eserciti, la religione rimase sempre un mezzo di potere.

Schiller vide in quella guerra il primo conflitto a livello europeo che alla fine, nella Pace di Vestfalia, portò l'Europa devastata a una nuova consapevolezza: che gli stati dell'Europa costituivano una comunità e che una guerra come questa, che aveva dimezzato la popolazione dell'Europa centrale, non doveva mai più succedere. Qui Schiller peccava senz'altro di ottimismo: quando scrisse quell'opera non conosceva ancora le conseguenze devastanti che avrebbe avuto la rivoluzione francese per gli stati europei, per non parlare delle terribili guerre del ventesimo secolo. Ma questo non diminuisce certo il valore di questa ricerca voluminosa (ca. 400 pagine). È del tutto normale che un testo storico come quello di Schiller, scritto più di 200 anni fa, contenga delle valutazioni superate, dovute anche alla disponibilità di certe fonti storiche che Schiller non aveva a disposizione. Ma l'abbondante apparato critico dell'editore fornisce in ogni caso le precisazioni necessarie e dà al lettore una grande quantità di ulteriori informazioni, soprattutto sui personaggi citati che il lettore di oggi, anche quello con una solida preparazione storica, difficilmente può conoscere.

Vale la pena leggere i libri storici di Schiller ancora oggi? Senza dubbio, sia per chi si interessa di storia che per colui che apprezza soprattutto gli scritti letterari di Schiller: la sua ricerca sulla guerra dei Trent'anni è tuttora citata e considerata importante nelle monografie storiche dedicate a quell'epoca e Rüdiger Safranski scrive nella sua celebre biografia di Schiller: "Per quanto riguarda la bellezza letteraria del racconto, lo storico Schiller è rimasto, fin ad oggi, insuperato".
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